documentario - Farneta '44 - Figli di una strage

Farneta '44 - Figli di una strage

Documentario, 2021

Nel dicembre 2020, durante il periodo di vacanze natalizie, il Liceo Artistico A. Passaglia riceve una proposta di collaborazione da parte della recente fondata associazione della Casa della Memoria di Lucca, che in vista del Giorno della Memoria è intenzionata a presentare un prodotto audiovisivo inerente ai temi su cui si edifica.

Accolta positivamente, l'offerta regala all'istituto la possibilità di riprendere un progetto stroncato dall'impellente emergenza pandemica nel corso dell'anno l’A.S. 2019/2020 in cui era nata l'idea di produrre in quanto classe di indirizzo un contributo audiovisivo utile all’esperienza di apprendimento collettiva sulla base del tema della memoria storica della Seconda Guerra Mondiale.

Viene dunque ripreso il filone ideativo iniziale e inquadrato repentinamente secondo questa nuova possibilità: il tempo disponibile per portare a compimento l’intera fase progettuale e realizzativa del progetto è di esattamente un mese.

Consapevoli dei tempi utili per produrre il contenuto, inizia una ricerca del soggetto del video.

Stabilendo vari contatti, veniamo a conoscenza di alcune personalità protagoniste della tragedia della strage della Certosa di Farneta in provincia di Lucca, avvenuta nel 1944 da parte delle truppe naziste tedesche con supporto del regime fascista.

Si inquadra dunque automaticamente il genere di contenuto che sarebbe stato realizzato: agganciandoci a questi contatti, avremmo costruito un documentario che vede intervistati tre diretti discendenti della vicenda, che ci avrebbero raccontato tre differenti storie di guerra convogliate nello stesso cruciale fulcro della strage, anima del paesino, la Certosa di Farneta.

Steso rapidamente tramite video-chiamata un calendario di riprese, i tre giorni del 10, 11 e 17 gennaio sarebbero stati dedicati alla produzione del documentario; il giorno dell’11 gennaio avremmo avuto il piacere di visitare e catturare in via del tutto esclusiva immagini all’interno della Certosa di Farneta.

Costretti dai tempi di chiusura del monastero, che oltre la data del 19 si sarebbe ritirato in penitenza, gli ultimi giorni disponibili sarebbero stati dedicati al montaggio e alla revisione collettiva del documentario.

Il primo giorno di riprese è dedicato alle interviste.

Giunti a Farneta, ci muoviamo a piedi verso la casa del primo intervistato, Pietro Pasquini. In prossimità della Certosa, ci fermiamo ad organizzare le attrezzature prima di essere accolti con forte entusiasmo dalla famiglia. L’uomo, chiaramente passionale e sentimentale nei riguardi della vicenda, ha perso il padre quel giorno.

Ci spostiamo dunque al secondo intervistato, Mauro Perna, che fuori dalla sua abitazione ci racconta di come suo padre è sfuggito all’assalto tedesco e a una sua ulteriore esperienza di deportazione in una fabbrica su suolo nazista.

Infine, Laura Presenti, espone dettagliatamente e con emozione la rocambolesca e fortunata fuga del padre che, sebbene non lavorasse all’interno della certosa, dormendo nel monastero si destò dal sonno a causa di un forte mal di denti, accorgendosi dell’incombente pericolo.

Mentre alcuni si occupano di microfonare gli intervistati, io mi dedico alla fotografia, stabilendo una duplice inquadratura ravvicinata e in primo piano dei volti di ognuno, che sarebbero stati da alternare in montaggio al fine di intensificarne il coinvolgimento.

Il secondo giorno di riprese è dedicato a visitare la Certosa.

L’accesso alla Certosa è vietato alle donne; pertanto quel giorno a girare siamo soltanto in tre: io, in compagnia del professore referente del progetto e un compagno di classe.

L’unico periodo storico in cui alle donne è stato concesso l’accesso alla Certosa è proprio come rifugio dalla persecuzione nazista del novecento, e l’accesso a estranei, che non siano uomini delle spedizioni o monaci, è concordato estremamente di rado.

Tuttavia i monaci, sebbene ligi ai loro doveri e costrizioni (non possono ad esempio essere ripresi), ci riservano una panoramica dettagliata di tutta la struttura, dal chiostro esterno a quello interno, che contiene un cimitero per le vittime cadute proprio durante la strage, fino alla chiesa e alla fattoria subito adiacente.

Completata la visita, dedichiamo qualche ora alle riprese esterne della Certosa.

È stato stabilito che io mi sarei occupato del montaggio. Questo poiché disponevo di un computer sufficientemente potente, e, per questioni pressanti di tempo, non è possibile, come inizialmente pensato, realizzare un montaggio collaborativo in più persone; perciò mentre il resto del gruppo si occupa di realizzare riprese contestuali e riempitive per arricchire e motivare il girato, inizio a lavorare sul montaggio.

Riduco le interviste, nella loro interezza di una durata complessiva di un’ora, a poco più di quindici minuti, e provo ad intrecciarle seguendo una precisa struttura parallela che vorrebbe progredire efficientemente nella narrazione.

Nella prima parte, i tre intervistati, mediante le risposte date singolarmente nella loro ripresa, descrivono il quadro storico e spaziale dell’accaduto, poi raccontano la loro esperienza, alternandosi.

L’attesa della narrazione di una storia creata dal contributo di un’altra ha l’obiettivo di accrescere la tensione e l’interesse dello spettatore, e dà una visione d’insieme e parallela delle vicende.

Per il comparto musicale, ci mettiamo in contatto con Esterina, una band riconosciuta a livello locale e nazionale che è felice di collaborare con noi a questo progetto concedendoci due lunghe tracce che coronano l’introduzione e il finale del documentario.

Il 28 gennaio 2021 si tiene la presentazione ufficiale del documentario durante una diretta live streaming tenuta dalla Casa della Memoria, a cui assistono decine di classi da diverse scuole.

A precedere l’uscita del video, di durata di ventitre minuti, vari esperti di storia e professori, nonché responsabili dell’associazione, presentano il progetto; poi, la parola passa a noi studenti e autori, che esponiamo la nostra esperienza sotto una chiave più tecnica. Alla presentazione è presente anche la Preside del Liceo Artistico.

L’esperienza di Farneta ‘44: Figli di una strage è stata per me e per i miei compagni una ventata di freschezza e una scappatoia da quella che era la barriera della didattica a distanza e del lockdown. Un’esperienza che, nel nostro percorso di specializzazione, per la prima vera volta ci lanciava sul campo, facendoci confrontare con mezzi, persone e imprevisti accrescendo la nostra esperienza.

Coinvolgendo un numero considerevole di persone, da gli intervistati, ai monaci fino alla band, abbiamo portato a termine in breve tempo, e quindi senza ripensamenti, la nostra prima esperienza di interfaccia con la realtà del documentario; ma non senza una buona dose di divertimento e passione, avendo potuto confrontarci con la nostra materia di indirizzo direttamente sul campo e in compagnia.